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28 litri, la prima era dell'auto in circolazione a Montlhéry

L'autodromo di Montlhéry è uno dei luoghi perfetti per vedere in azione modelli così disparati, come una FIAT da 28 litri di cilindrata e un sintetico Amilcar C6, due modi opposti di intendere l'automobile nel primo terzo del XX secolo.

Nella storia del motorsport ci sono momenti in cui tutto sembra andare più veloce. Tempi con cambi di rotta e di paradigma in cui la tecnologia sembra essere fuori controllo. In questo senso, in questo momento ne stiamo vivendo uno. Passando a ritmi frettolosi dal motore a scoppio a quello elettrico con l'apporto di alcuni minerali a fare da sfondo. Qualcosa di molto più profondo di quanto sperimentato negli anni Ottanta con la massiccia applicazione del turbocompressore. Anche al cambiamento stilistico emerso tra gli anni Sessanta e Settanta. Stando così le cose, se vogliamo analizzare un processo così radicalmente simile a quello dato oggi dobbiamo tornare indietro di almeno un secolo.

Un tempo in cui nasceva la produzione di massa con il Modello T. Ma anche modifiche meccaniche come la diminuzione della cilindrata. Una svolta particolarmente ineludibile nel campo delle corse, privilegiando la compressione e l'efficienza rispetto alla capacità cubica in continuo aumento. Una linea di lavoro in cui, durante il periodo tra le due guerre, Amherst Villiers ha lavorato sovralimentato Soffiatore Bentley o Vittorio Jano che progetta la sua Alfa Romeo P3. Tuttavia, possiamo trovare molti altri esempi di tale transizione. A volte, infatti, può esserci il paradosso di vederne due sulla stessa pista.

Esattamente quello che abbiamo potuto osservare lo scorso maggio all'autodromo di Montlhéry. Rotolando nei loro lotti di veterani sia la FIAT S76 che l'Amilcar C6. Due auto sportive obbedienti a concetti completamente diversi. Il primo con una cilindrata superiore a 28 litri e il secondo con solo 1,1. Ovviamente pensato per scopi disparati. Sebbene allo stesso tempo illustrativo della stessa epoca, della stessa evoluzione. Quella di ridurre la cilindrata e le dimensioni dei motori.

L'ippodromo stesso è già un incentivo per partecipare a questo tipo di eventi

MONTLHÉRY, DOVE SI INCONTRANO I PIÙ VETERANI

Con le loro enormi curve sopraelevate, le piste prima della seconda guerra mondiale sono il luogo perfetto per qualsiasi riunione con le auto sportive d'epoca. In questo modo, i francesi di Montlhéry sono soliti accogliere incontri regolari dove si citano un buon numero di veicoli centenari. Quello riflesso nelle fotografie che illustrano questo testo è stato realizzato lo scorso maggio, esponendo di tutto, dalle semplici autocicli alle macchine create da e per la massima velocità.

Così, uno dei partecipanti più visibili fu La Bestia di Torino. Tuttavia, forse dovremmo direscudi" invece di "visibile”, poiché il enorme motore di questa FIAT S76 con quasi 300CV emette un suono davvero travolgente. Non a caso, questa vettura progettata per battere i record internazionali di velocità è un design imponente dal peso di circa 1.650 chili, in grado di erogare la sua potenza massima a soli 1.900 giri al minuto.

La Bestia di Torino. Imponente e in perfette condizioni dopo il processo di ricostruzione poliziesca di cui è il risultato

Uno dei classici da competizione più rappresentativi per l'epoca in cui spiagge come Pendine, Ostenda o Saltburn ospitavano regolarmente gare di velocità con macchine come questa o la BABS di John Parry-Thomas. Tutto questo salendo sempre di più in termini di cilindrata, con enormi motori posizionati su telai a traversa progettati per funzionare in linea retta. Qualcosa che, per quanto possa sembrare incredibile, è stato copiato anche da alcuni modelli fatti per correre su percorsi sinuosi.

Dagli autocicli ai modelli a propulsione ad elica in questa concentrazione abbiamo potuto vedere tutti i tipi di dispositivi legati alla prima era dell'automobilismo

Ed è che in quegli anni -la FIAT S76 è del 1910- molti ingegneri contemplavano l'aumento di cilindrata solo se volevano andare più veloci. Ovviamente questo cominciò a dare problemi di ogni genere. Dal consumo vorace -con il conseguente problema del rifornimento- al un peso responsabile della creazione di inerzia compromettente sia in curva che in frenata. Per questo motivo c'è chi ha pensato di ridurre le dimensioni della meccanica, dando priorità a problematiche come la sovralimentazione o il rapporto di compressione. E sì, avevano ragione.

Piccolo e molto efficace. L'Amilcar C6

Ne è prova l'idoneità di modelli come l'Amilcar C6. Lanciata nel 1926, questa vettura sportiva simboleggia perfettamente quel processo per ridurre, essere più leggero e guadagnare manovrabilità. A questo punto, sia la C6 che la Bugatti Type 37A stavano superando le auto sportive più potenti in pista.

A volte, il resto dell'autista viene fatto vicino all'auto stessa

Si metteva così in gioco l'importanza del peso in relazione alla potenza, qui accresciuta grazie al azione di un compressore volumetrico azionato dall'albero motore stesso. Una tecnologia presa dalla metallurgia e dai suoi altiforni, qui messa al servizio di alimentare i sei cilindri dell'Amilcar e la sua cilindrata di poco più di un litro.

Questo Salvador degli anni Venti è un interessante esemplare realizzato e conservato in Spagna

Tutto questo per raggiungere una velocità massima di 170 chilometri orari. Ovviamente molto meno di quello ottenuto da modelli come La Bestia di Torino, sì. Anche se non tanto se prendiamo in considerazione il suo spostamento circa 25 volte inferiore. Anche, le dimensioni e il peso dell'Amilcar C6 lo hanno reso un modello estremamente efficace su piste tortuose. Con tutto questo, e pur essendo modelli con finalità divergenti, è impossibile non vedere il prodotto di una transizione meccanica che ha optato per ridurre invece di aumentare all'infinito. Insomma, storie che puoi vedere dal vivo solo grazie ad eventi come quelli che si tengono all'autodromo di Montlhéry.

Fotografie: Unai Ona

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scritto da Miguel Sanchez

Attraverso le notizie de La Escudería, percorreremo le tortuose strade di Maranello ascoltando il rombo del V12 italiano; Percorreremo la Route66 alla ricerca della potenza dei grandi motori americani; ci perderemo negli stretti vicoli inglesi seguendo l'eleganza delle loro auto sportive; accelereremo la frenata nelle curve del Rally di Montecarlo e ci sporcheremo anche in un garage recuperando gioielli perduti.

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