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Ancora offerta per Lancia Gamma, le proposte Pininfarina

Quando la Lancia Gamma apparve nel 1976, era disponibile sia in versione berlina a cinque porte, sia in versione coupé a due. Allo stesso modo, Aldo Brovarone non si è adagiato sugli allori, proponendo da qui diversi corpi che, allo stesso tempo, hanno finito per formare quella che avrebbe potuto essere un'ipotetica gamma ricca di esercizi di styling.

Essere versatili è una delle qualità più interessanti nel mondo del lavoro. In questo modo, mentre un buon giornalista può scrivere in qualsiasi situazione, ogni designer industriale ha un desiderio di trascendenza Di solito aggiunge al suo attivo creazioni molto diverse.. In questo senso, scrivendo queste righe in Spagna è impossibile non pensare a Francisco Podadera; responsabile dell'Aníbal F100 ma, allo stesso tempo, autore di camion spettacolari come il Pegaso Solo e persino di progetti di motociclette destinate agli ultimi giorni della Lambretta Locomociones.

Quindi, anche il protagonista di questo articolo ha avuto un passato eclettico perché, non invano, Aldo Brovarone Ha iniziato la sua carriera progettando frigoriferi. Un'attività dalla quale è riuscito a lanciarsi nel motorsport grazie alla società Automotores Argentinos. Davvero una fortuna visto che questa era di proprietà di Piero Dusio. All'epoca direttore di Cisitalia e massimo sostegno al ritorno del giovane stilista nella nativa Italia.

Un'occasione che seppe sfruttare, distinguendosi con progetti come la 33DF per finire alla Pininfarina nel 1952. Temprato al fianco di Franco Martinengo, uno degli uomini forti di quella carrozzeria, decisivo per la nascita dell'Alfa Romeo Duetto -, Aldo Brovarone si specializzò in tutto ciò che riguardava esercizi di progettazione e studi sperimentali. Prova di ciò è la sua Ferrari 375 MM Berlinetta Coupé Speciale, ma soprattutto l'Alfa Romeo 6C 3000CM Superflow IV.

Uno squisito adattamento dello stile americano ai canoni italiani, fondamentale per comprendere l'approccio delle prime Ferrari rivolte al mercato americano. Infatti, È impossibile negare la sua influenza sulla 400 Superamerica Coupé Aerodinámica del 1960. Un'opera con cui suscitò simpatia nella casa di Maranello, che confidò in Pininfarina per lasciarsi trasportare dall'aspetto dirompente della Dino Berlinetta Speciale.

La Berlinetta Dino Speciale è, senza dubbio, uno dei progetti più interessanti di tutta la produzione Pininfarina.

Secondo l'opinione di questa redazione, uno dei progetti automobilistici più sensazionali dell'intero XX secolo; pieno di una sfrontatezza che, però, Si sposa perfettamente con il gusto deciso per la classicità e le proporzioni. nel più canonico dei carrozzieri italiani. Senza dubbio il grande capolavoro di Aldo Brovarone, che grazie ad esso segnò le linee da seguire nella futura Dino 206/246.

DALLA CURVA AL DRITTO, ALDO BROVARONE E LA SUA TRASFORMAZIONE

Tuttavia, lungi dal riposare sugli allori, cadendo così nella tentazione di plagiarsi, quest'inquieto piemontese alla fine degli anni Sessanta si reinventò completamente. Per questo motivo, abbracciò fortemente i principi estetici del design rettilineo, che nella stessa Pininfarina aveva roccaforti evidenti come il tavolo di Paolo Martin. Una rivoluzione capace di trascendere i volumi voluttuosi e carnali degli anni Sessanta, avvolgendo la scena automobilistica con carrozzerie ricche di superfici piatte.

Dalle linee della berlina 130 disegnata da Paolo Martin negli anni sessanta, la 130 Coupé si evolve verso superfici più raffinate.

Proprio il punto da cui ci dirigeremo verso la Lancia Gamma. Non invano, proprio all'inizio degli anni Settanta la Fiat lanciò la versione Coupé della 130 con il sigillo Pininfarina nella sezione estetica. Tanto sobrio ed elegante quanto raffinato e futuristico, quell'imponente due porte arrivò a rivitalizzare la scommessa più prestazionale della gamma del costruttore torinese. Allo stesso modo, nel 1972 un team guidato da Aldo Brovarone creò le linee della Ferrari 365 GT4 2+2.

Insieme alla 130 Coupé, questa 2+2 per Ferrari sintetizzava molto bene come applicare linee rette e superfici piane alle vetture di serie.

Erede della formula introdotta nella 130 Coupé, questa ha influenzato un gioco di volumi impensabile solo pochi anni prima. Allo stesso modo, nel 1974 Pininfarina cercò di sedurre la Fiat con altre due proposte basate sulla 130. La prima, conosciuta come Opera, consisteva in un aggiornamento del salone utilizzando gli stessi criteri applicati nella Coupé tre anni prima; suggestiva la seconda, denominata Maremma “Freno di tiro” che abbagliò perfino lo stesso Gianni Agnelli.

Sebbene fossero del tutto credibili per raggiungere i concessionari, queste due proposte Pininfarina arrivarono troppo tardi.

Ma l’alto di gamma della Fiat stava già morendo, messo alle strette dalle berline tedesche sin dal suo lancio nel lontano 1969. Un contesto in cui, ovviamente, Nessuno di questi due corpi potrebbe raggiungere la serie. In ogni caso, il suono di quella gamma multiuso risuonava forte negli uffici Pininfarina.

Ma andiamo per parti. Così, nel 1976, la Lancia Gamma fu lanciata sia in versione coupé che a cinque porte. In termini generali, Quel lancio è stato preceduto da una grande responsabilità. In effetti, troppo. Tant'è che, secondo alcuni analisti italiani, questa è stata la causa dell'ingiusto dispiacere lasciato dalla Gamma in gran parte del mercato europeo.

E a questo modello è stato affidato non solo il compito di essere il top di gamma del Gruppo Fiat, ma anche quello di collega Lancia con la sua essenza classica. Insomma, una pressione tanto intensa quanto sfortunata perché, alla fine, come la storia della 130 aveva dimostrato, i costruttori italiani avevano una sfida complessa nel tenere testa alle nicchie di mercato occupate da Mercedes, BMW e, da pochi anni, anni dopo, anche Audi.

Inoltre, nella sezione carrozzeria - questo è un articolo tutto incentrato sull'apparenza - si verificava la curiosa situazione in cui non esisteva alcuna correlazione evidente tra la berlina e la coupé.

Infatti, mentre la due porte nacque come una delle migliori realizzazioni della carriera di Aldo Brovarone, la cinque porte non si inserì del tutto nel mercato pur avendo finiture particolarmente curate.

Tutto questo grazie alla sua parte posteriore, lontana dalla classicità desiderata e richiesta dalla clientela più affezionata delle autovetture Lancia. Inoltre, il suo impegno per un lunotto che scende dolcemente dal montante C Si allontanava troppo dai classici tre volumi propri delle berline più rappresentative..

Qualcosa che, se non attirava clienti esterni al marchio, non convinceva nemmeno i propri clienti. In ogni caso la Lancia Gamma cominciò a camminare mentre lo stesso Aldo Brovarone continuava a sperimentare con le superfici piane.

La Peugette avrebbe potuto essere una scommessa vincente da parte di Peugeot in un mercato giovanile di nicchia in ascesa negli anni settanta.

Un filone di lavoro che, al di qua della tastiera, raggiunse il suo culmine con la geniale Peugette 104. La sua proposta a Peugeot, già capo progettista presso Pininfarina, con la quale decise di realizzare un veicolo ricreativo che potesse diventare anche un'improvvisata barchetta .

Quella che avrebbe potuto essere l'intera gamma Gamma davanti agli uffici Pininfarina.

Naturalmente, consapevole del valore della Gamma Coupé come base per altri progetti, nel 1978 rivolge alla Fiat la prima delle sue proposte incentrate sull'ampliamento dell'offerta Lancia.

VARIANTI DELLA GAMMA COUPÉ, LE PROPOSTE PININFARINA

Stiamo parlando della Gamma Spider, definita da una carrozzeria targa proprio come Moretti aveva già fatto con la 128. Naturalmente qui è pregiato il trattamento dell'arco di sicurezza, che si integra perfettamente nella linea laterale del veicolo grazie al fatto di essere una C -montante invece di B. Per questo motivo, una volta abbassati i finestrini anteriore e posteriore la cabina era esposta ad un'apertura diafana senza elementi centrali che interrompono la linea orizzontale.

Una delizia che, però, non è stata omologata per la serie. Tra l'altro - gettando in fuga le speculazioni - a causa delle finiture previste per la Coupé sulla catena di montaggio Pininfarina. Molto povera rispetto alla berlina completata dagli stessi operai della Lancia. Comunque, nel 1980 il bodybuilder è tornato alla carica presentando la Gamma Scala. Questa volta si trattava di un libro in tre volumi del tutto prevedibile e formale, dove il classicismo entrava dalla porta principale senza spazio per la minima eterodossia.

La Scala Gamma aveva tre volumi; molto più classica della berlina esistente con il suo ampio lunotto che cade dolcemente.

In casa Lancia, però, sembrava che avessero gettato la spugna nei confronti del loro top di gamma, già in pieno declino nell'oblio in attesa di essere sostituito dal Argomento nel 1985. Un modello molto meno rischioso che, di fatto, condivideva la piattaforma con la Saab 9000, la Fiat Croma e l'Alfa Romeo 164. In più, anche il motore fu preso in prestito - in questo caso dalla Fiat - per lasciare il da un lato il raffinato boxer a quattro cilindri caratteristico della Gamma.

A questo punto, è ovvio come quei tre volumi siano stati scartati senza troppe cerimonie. La stessa sorte che, due anni dopo, toccò alla Gamma Olgiata. Questa volta sì, un chiaro esercizio di stile - impossibile pensare che Pininfarina prenda seriamente in considerazione la possibilità di portare in serie questo modello - che ricorda la 130 Maremma.

E, come è ovvio, stiamo parlando di a “Freno di tiro” con un'ampia superficie vetrata. A proposito, dominano soluzioni sottili come nascondere i montanti B e C dietro i vetri oscurati.

Una delizia visiva che, alla fine, segnò la conclusione di tutto quello che Pininfarina aveva fatto sulla Lancia Gamma. Una panoplia di design più che interessante, che attinge ad alcune delle migliori creazioni firmate Aldo Brovarone. Alla fine lo è stato una storia interessante per ogni seguace dello stile italiano anche se, a dire il vero, ci lascia una strana atmosfera crepuscolare. Alla fine dell'era.

Di un'epoca in cui una moltitudine di carrozzieri indipendenti - pur protetti da una Fiat che non si faceva problemi a fornirgli telai e meccanica - potevano permettersi di produrre in tirature brevi versioni speciali - e perfino stravaganti - dei massicci modelli progettati da Fiat, Lancia o Alfa Romeo.

Questo modo di lavorare si è perso nel corso degli anni Settanta, quando la costante internazionalizzazione del motorsport italiano portava con sé la necessità di produrre senza troppi spazi liberi in cui accogliere l'improvvisazione. Inoltre, come se ciò non bastasse, qualche giorno fa abbiamo letto un'intervista su Motor Clásico con Alejandro Mesoreno-Romanos - attuale capo del design dell'Alfa Romeo - in cui menzionava come, oggigiorno, Questi lavori molto specifici sono sviluppati solo da Zagato o Touring.

Per inciso, domina una produzione esclusiva che è impossibile combinare con il marketing dei rivenditori. E il tango lo ha già detto “Prima bisogna saper soffrire, poi amare, poi partire e infine camminare senza pensieri”. Nonostante tutto, vi consigliamo di non cadere nella nostalgia; È quasi sempre il profumo dei reazionari.

Foto: FIAT/Pininfarina/Ferrari

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scritto da Miguel Sanchez

Attraverso le notizie de La Escudería, percorreremo le tortuose strade di Maranello ascoltando il rombo del V12 italiano; Percorreremo la Route66 alla ricerca della potenza dei grandi motori americani; ci perderemo negli stretti vicoli inglesi seguendo l'eleganza delle loro auto sportive; accelereremo la frenata nelle curve del Rally di Montecarlo e ci sporcheremo anche in un garage recuperando gioielli perduti.

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