La storia della Porsche Tipo 360 Si tratta di una delle più emozionanti dell'intera storia della casa tedesca, anche se non si tratta di un progetto proprio bensì di una commissione portata avanti con la mediazione di Carlo Abarth. Una commissione della Cisitalia italiana finalmente recuperata in Argentina per puro caso dopo aver sperimentato un'inaspettata possibilità a spese di Juan Domingo Perón.
Tutto questo con una pionieristica trazione integrale disinseribile nella più performante delle corse pur portando con sé soluzioni meccaniche ereditate dalla vecchia Auto Union degli anni '30. Insomma, un design dirompente ed estremamente originale con cui apparire come una delle auto più interessanti di tutti i tempi.
Stando così le cose, è bene ripercorrerne per parti la genesi e l'evoluzione, a cominciare dalla figura di Piero Dusio. Nato nel 1899, questo italiano piemontese si distinse fin da giovanissimo nella pratica del calcio; tanto che è venuto a firmare per il Juventus Torino anche se, poche partite dopo, dovette ritirarsi a causa di un grave infortunio al ginocchio.
Colpire la palla però non era la sua unica abilità, così riuscì presto a ricostruire la sua vita lavorativa, distinguendosi nel campo tessile. Un business in cui ha guadagnato così tanti soldi che non solo poteva permettersi di partecipare Mille Miglia o il GP d'Italia -era un appassionato di auto sportive- ma riuscì anche a presiedere la stessa Juventus grazie all'immensa fortuna che aveva accumulato.
PIERO DUSIO, LA PRIMA DEL D46
Con le finanze assicurate grazie alla sua partecipazione nel campo tessile, Piero Dusio si dedicò non solo al management della Juventus ma anche alla produzione di auto sportive. Contattò così nel 1944 Dante Giacosa per metterlo a capo della sua nuova iniziativa: Consorzio Industriale Sportiva Italia, Cisitalia.
Inoltre, la scelta di questo emblematico ingegnere non è stata casuale. Tutt'altro, lo fece perché proprio prima della seconda guerra mondiale aveva creato il veicolo utilitario Fiat 500 popolarmente conosciuto come “Topolino”. A questo proposito l'idea di Piero Dusio era quella di realizzare una monoposto utilizzando il maggior numero di componenti possibili tra tutti quelli disponibili sul mercato. Catalogo ricambi Fiat.
In questo modo, nel 1946, il Cysitalia D46 basata su un telaio tubolare e un aspetto da monoposto, anche se in realtà montava lo stesso motore della popolare 500, qui portato a una sorprendente potenza di 70 CV per poco meno dei 400 chili dati dall'allestimento in scala. Insomma, un'ottima scommessa per chi vuole primeggiare nelle cilindrate inferiori rispetto alle gare italiane del momento.
PROVANDO AD ANDARE PIÙ OLTRE, UNA SCOMMESSA SUL GP
Contestualmente alla presentazione della Cisitalia D46, la strategia di Piero Dusio prevedeva l'assunzione della stessa Tazio nuvolari. Una vera leggenda sia del motociclismo che degli sport motoristici, che ha al suo attivo imprese emblematiche come la vittoria nel GP di Germania del 1935 davanti a un pubblico dedicato al “frecce d'argento" locale.
Allo stesso modo, l'aggiunta della 202 alla gamma nel 1947 completò l'impegno commerciale della Cisitalia, avendo finalmente a catalogo veicoli di serie in formato GT, perfetti per finanziare le spese inerenti alla produzione con i proventi delle vendite. partecipazione alle gare. Una partecipazione non da poco perché nonostante la D46 stesse dando buoni risultati sulla scena italiana, Piero Dusio agognava alla vittoria del Gran Premio.
Interrotti a causa della Seconda Guerra Mondiale, questi stavano gradualmente ritornando con l'evidente progetto di istituire un campionato capace di sostituire quello vecchio. Piloti europei: Stiamo parlando della F1 con la sua stagione inaugurale disputata nel 1950.
Qualcosa per cui Cisitalia desiderava un'auto totalmente diversa da quelle, ad esempio, di successo. Alfetta; vincitori nel 1950 e nel 1951 pur essendo eredi tecnologicamente di quanto progettato negli anni Trenta e primi anni Quaranta.
CARLO ABARTH, IL CONTATTO CON PORSCHE
Per realizzare la sua visione, Piero Dusio aveva un problema evidente, e cioè che alla fine dei conti la sua giovane azienda non aveva il livello tecnico sufficiente per progettare una monoposto totalmente dirompente e rivoluzionaria. La fortuna però fece sì che sulla strada per Cisitalia si incrociasse un giovane. Carlo Abarth, rappresentante Porsche in Italia dal 1946 e quindi un legame perfetto con essa.
Certo, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale l'ufficio tecnico delle Porsche - sembra chimerico di questi tempi parlare di un costruttore o addirittura di un marchio - non era nei suoi momenti migliori, con Ferdinand Porsche ancora detenuto in Francia a causa dei suoi legami personali con lo stesso Adolf Hitler e di un futuro non molto certo basato sulla progettazione della 356 basata sul breve KdF-Wagen.
Alla guida dell'azienda - una di quelle che ancora aveva sede a Gmünd come rifugio austriaco durante la guerra - c'era però il figlio Ferry Porsche - che poté così farsi carico della commessa di Cisitalia utilizzando tutto sviluppato da suo padre nell'Auto Union Type A/B/C/D relativo al Campionato Europeo Piloti. Quelle che, con il motore collocato in posizione centrale-posteriore, potevano essere superate solo dall'imbattibile Mercedes-Benz.
PORSCHE TYPE 360, IL DESIGN PER CISITALIA
Sulla carta, Cisitalia ha dato a Posche la completa libertà di creare un'auto capace di inaugurare una nuova era nel restituzione immediata dei grandi premi grazie alla F1. A questo punto a Gmünd si sono messi al lavoro con alcuni progetti in cui sono stati catturati elementi davvero sorprendenti.
Per avviare il Tipo 360 - chiave con cui è stata comunicata internamente la commessa, che era accompagnata da una turbina idraulica, un trattore diesel e perfino un nuovo motore per la sostituzione della 202 GT - si basava sullo schema della vecchia Auto Union ponendo il motore al centro- posizione posteriore.
Naturalmente, per quanto riguarda la ciclistica, il telaio con due grandi longheroni ha lasciato il posto ad una struttura raffinata telaio tubolare con un reticolo triangolare in grado di conferire molta rigidità con pochissimo peso. Inoltre, per quanto riguarda il motore, si tratterebbe di un 12 cilindri piatti da 1.5 litri con sovralimentazione a compressore volumetrico.
La novità principale starebbe però nella modalità di trasferimento della potenza a terra, con un sistema di trazione integrale basato su un complesso differenziale - disinseribile a piacimento dal pilota dalla cabina - in grado di distribuire la coppia a metà e metà per ogni asse o al contrario mettere tutto sul posteriore.
1948, DAI PIANI ALLA PISTA
A metà del 1948 la Tipo 360 era già una realtà dopo essere stata prodotta dalla Cisitalia su progetto Porsche. Una realtà capace di promettere vittorie perché ai circa 385 CV del motore nella sua prima messa a punto - alcune fonti indicano come avrebbe potuto erogare fino a 450 CV - era necessario aggiungere un peso di solo 650 chili e soprattutto gli effetti di una trazione integrale molto efficace sia su fondo bagnato che nelle curve lente o nelle partenze da fermo.
In ogni caso, se la produzione automobilistica ci insegna qualcosa è che la progettazione è solo il primo passo di un lungo processo in cui tutto è provare, provare e provare ancora. In questo modo, i primi giri in pista hanno mostrato le grandi potenzialità della Type 360 ma anche quanto rimaneva davanti nella messa a punto di un veicolo che prevedeva una carburazione molto complessa, un motore molto serrato, la regolazione dei i compressori e nel caso in cui tutto ciò che riguarda la trazione integrale non fosse sufficiente.
Allo stesso modo era necessario migliorare l'aerodinamica e continuare ad affinare elementi come il cambio sequenziale con marce sincronizzate. Insomma, ci voleva tempo e questo negli affari equivale a parlare di soldi; ragion per cui i creditori ricaddero su Piero Dusio, che vide impotente come tutto ciò che riguardava la Tipo 360 stesse dilapidando il buon lavoro commerciale svolto con la D46 e la 202 GT.
1949, IL FALLIMENTO METTE FINE (IMPROVVISAMENTE) ALLA TYPE 360
Nel 1949 la Cisitalia dovette riconoscere la gravità della situazione e dichiarare fallimento. Tra l'altro, curiosamente, ciò ebbe l'inaspettata conseguenza dell'inizio dell'Abarth come la intendiamo oggi poiché, per mancanza di denaro, i compensi dovuti a Carlo Abarth furono pagati sotto forma di alcune vetture sportive.
In ogni caso, questa non è la fine della Type 360 perché qui la figura di Juan Domingo Perón appare in modo del tutto inaspettato. Molto interessato a dotare l'Argentina di un'azienda automobilistica in grado di realizzare tutti i tipi di progetti, compresi quelli prestazionali, questo leader con un'ideologia difficile da definire, della scienza politica sono state riempite migliaia di pagine in questo senso e ce ne sono anche alcune dal banco di psicologia- liquidato i debiti di Cisitalia con la promessa di stabilirsi in Argentina sotto il nome di Automotores Argentinos.
In questo modo la Tipo 360 finì dall'altra parte dell'Atlantico insieme allo stesso Piero Dusio, che tra l'altro vi sarebbe morto nel 1975. Da qui in poi la storia si offusca un po' con dati a volte poco credibili come la voce che il motore potesse raggiungere i 511 cavalli a 12.000 giri. Qualcosa di dubbio soprattutto in relazione all'affidabilità intesa come funzionamento per almeno un minuto.
Esistono però prove documentate in cui la Type 360 erogava fino a 385 CV a 10.600 giri/min. Molto più credibile, anche se alla fine investendo anche una fortuna in test volti a migliorare la resistenza dei materiali, questa vettura sarebbe potuta entrare in F1 perché Nel 1952 la normativa cambiò radicalmente; Né la cilindrata prevista né la sovralimentazione valevano più la pena.
SALVATI PER PURO CASO
Anche se la Type 360 non ha mai potuto debuttare in un GP del campionato di F1, ci sono stati dei tentativi di farne qualcosa di serio in Formula gratuita latinoamericana; È servito anche per battere il record sudamericano del chilometro lanciato. Ma andiamo, niente di conclusivo; Era chiaro che, nel bene e nel male, i tempi per questo gioiello tecnologico erano completamente passati.
Tanto che nel 1960 venne venduto tramite un annuncio su una rivista. Annuncio che - per fortuna - poté essere visto dai componenti del team Porsche che nello stesso anno parteciparono alla 1000 Chilometri di Buenos Aires. L'hanno comprato proprio lì e per semplificare le procedure doganali la portarono fuori dal Paese come se fosse una delle 718 RSK utilizzate in gara.
Tutto questo per concludersi felicemente nell'attuale Museo Porsche di Stoccarda. Luogo dove questo autentico gioiello tecnologico è conservato ed esposto al quale mancavano i mezzi finanziari. A proposito, è molto interessante vedere nel suo design cosa avrebbe potuto essere l'Auto Union Type E se non fosse scoppiata la Seconda Guerra Mondiale. È passata alla storia anche come una delle auto pioniere nell'applicazione della trazione integrale sulle piste. Un pezzo di altissimo livello.
Immagini: Unai Ona e RM Sotheby's