Scrivendo di motorsport storico in Italia era abbastanza frequente imbattersi in riferimenti al marchio Autobianchi. Dotata di una personalità ben precisa, qui vennero testati diversi prodotti che furono poi portati su scala superiore dalla Fiat.
Cosa particolarmente evidente quando si parla di trazione anteriore, di cui il nostro protagonista è stato pioniere in Italia grazie alla comparsa nel 1964 della Primula; una delle automobili più influenti dell'intero XX secolo grazie al fatto di aver fatto da prologo non solo alle vetture a trazione anteriore del Gruppo Fiat ma anche alle vetture compatte in generale come le intendiamo oggi.
Un carattere innovativo e di nicchia che alla fine raddoppiava con la definizione stessa di Lancia; assorbita nel 1969 dalla direzione Agnelli per finire, infine, con il condannare il futuro dell'Autobianchi, agendo come un chiaro concorrente all'interno dello stesso Gruppo Fiat.
Ma andiamo per parti perché alla fine vale la pena entrare con calma nella storia di questa azienda cofondata da Bianchi, Pirelli e la stessa Fiat all'inizio del 1955. Un marchio un po' dimenticato nello splendore di altre referenze come Alfa Romeo , Lancia o Fiat stessa ma che vale ancora oggi la pena rivendicare in base alla sua lavoro sperimentale così importante per il motorsport italiano.
UNA STORIA NATA SU DUE RUOTE
Se sei un appassionato di ciclismo, conoscerai Bianchi per le sue magnifiche creazioni rifinite nella tonalità azzurra propria del marchio. Inoltre, probabilmente porta ancora il timbro di Marco Pantani sul suo Mega Pro attacca i passi di montagna stringendo saldamente il manubrio dal basso; un'icona di due ruote a pedali.
Allo stesso modo, se i tuoi desideri riguardano il motociclismo, potresti avere in mente il 350 Celeste Freccia; uno dei progetti più influenti della storia, dotando un ingegnoso doppio albero a camme in testa di ruote dentate coniche che alla fine furono fonte d'ispirazione per gli sport motoristici.
Tra l'altro lo stesso Tazio Nuvolari vinse il GP di Monza del 1925 avvolto in un corsetto di pelle dopo una caduta nella quale ha subito tre costole rotte. Un altro esempio eroico – attenzione all’eroismo perché si confonde con l’incoscienza – al livello di quanto firmato dal “mantovano volante” in Germania nel 1935 ovvero undici anni dopo con quel Cisitalia D46 che pilotò afferrando direttamente il piantone dello sterzo dopo aver rilasciato il volante.
Insomma, se sei un appassionato delle due ruote, con o senza motore Bianchi si pone come riferimento fondamentale fin dalla sua fondazione nel 1885. Una storia molto lunga nella quale - attenzione - rientrava anche la produzione di automobili poiché nel lontano 1903 Edoardo Bianchi si lanciò sulle quattro ruote con la geniale 8 HP basata su doppio telaio.
1955, ARRIVA LA FONDAZIONE DELL'AUTOBIANCHI
Bianchi non se la cavò male con la produzione automobilistica. Infatti, insieme ad una moltitudine di brevi modelli urbani - con derivazioni sportive data la loro leggerezza - venne a svilupparsi motori fino a otto cilindri equipaggiare veicoli lussuosi”limousine” come il 30/35 PS situato un passo indietro rispetto all'incredibile e irraggiungibile Isotta Frachini.
Tuttavia, la situazione dell'azienda nel secondo dopoguerra non era così rosea. Per cominciare, la loro fabbrica in Abruzzo era stata distrutta e bombardata Lo stesso Edoardo Bianchi morì nel 1946 a causa di un incidente stradale. La gestione del marchio passò così nelle mani del figlio, che dovette concentrarsi sulla produzione di biciclette e motociclette leggere, tralasciando così il costoso compito legato allo sviluppo di nuove automobili.
In ogni caso, il ricordo di lusso e qualità legato al marchio non cadde nel vuoto perché, attratti da esso, Pirelli e Fiat fondarono, insieme alla stessa Bianchi, la promettente Autobianchi nel 1955. Un patto vantaggioso per tutte le parti e che Non invano, se da un lato ha consentito alla Bianchi di ritornare alla produzione automobilistica, dall'altro ha permesso alla Pirelli di espandere le proprie linee di business e alla Fiat di realizzare qualcosa di molto interessante: il sostegno un riferimento di nicchia con cui testare progetti innovativi.
RUOLO NEL GRUPPO FIAT E PRIMA CON LA BIANCHINA
Un'azienda generalista come la Fiat ha pochissimi margini nella sua gamma quando si tratta di presentare modelli di nicchia. E no, non stiamo parlando tanto delle scommesse sportive – che possono svolgere un ruolo di “modelli di alone”- così come progetti dirompenti nel loro impegno tecnologico.
Vale a dire, l’acquirente medio di un marchio generalista non rischierà di acquistare tecnologie che non siano state accuratamente testate e provate. Motivo per cui è stata la creazione di Autobianchi qualcosa di molto interessante per la Fiat, che vi ha riversato le sue idee più sperimentali prima di portarle nella grande serie a bordo delle sue autovetture.
Allo stesso modo, il livello delle finiture era di altissimo livello anche nei loro piccoli veicoli urbani, motivo per cui la cannibalizzazione con i modelli Fiat era impossibile poiché l'Autobianchi arrivava alle concessionarie come una sorta di "gamma premium”. In effetti questa si presenta molto bene nel suo primo modello: la Bianchina.
Basata sul telaio e sulla meccanica della Fiat 500, questa presentava uno stile più marcato oltre ad un'ampia gamma con le versioni Berlina, Cabriolet, Trasformabile, Panoramica e Furgoncino. una scommessa molto più completo e attrezzato rispetto a quello presentato dalla gamma Fiat con motore da 479 cc.
INIZIANO GLI ESPERIMENTI: STELLINA E PRIMULA
Nel 1963 venne messa in vendita la bella Autobianchi Stellina. Una piccola decappottabile basata sulla Fiat 600 anche se, a dire il vero, non è arrivata sulle strade tanto come complemento alla gamma del popolare veicolo utilitario - che anche - ma come un saggio commerciale intorno alle possibilità di una due posti leggera con carrozzeria spider.
Un buon esempio del carattere sperimentale attribuito al marchio fondato otto anni prima, che vedrà come nel 1965 la stessa Fiat lancerà il concetto delineato con la Stellina sotto la pelle della 850 Spider Bertone.
Ma il più grande esperimento effettuato dal conglomerato torinese attraverso l'Autobianchi avvenne nel 1964 con la presentazione della Primula. Un veicolo nel cui sviluppo Dante Giacosa aveva la libertà fare quello che non poteva fare solo alla Fiat: mettere nelle concessionarie un'auto familiare a trazione anteriore, staccandosi così definitivamente dalla trazione posteriore così ricorrente nell'azienda italiana.
I PROBLEMI DELLA TRAZIONE ANTERIORE
Qualcosa di abbastanza ambizioso perché realizzarlo con un modello generalista adatto alla fascia intermedia non è stato affatto semplice. Ad esempio, sebbene Citroën avesse già presentato la sua Traction Avant molti anni prima, la verità è che non si trattava affatto di un'auto popolare. D'altra parte, gli esempi portati da DKW - ben assimilati in breve tempo da Saab - non valevano nemmeno per un turismo familiare generalista, poiché, con le loro esigenze motori a tre cilindri a due tempi Non potevano soddisfare le esigenze imposte dal disciplinare.
Allo stesso modo quanto fatto da Alec Issigonis nel 1959 Mini Con uno schema trasversale di dimensioni molto contenute, non era nemmeno una cosa facile da replicare, poiché essendo il cambio integrato nel carter motore questo risultava piuttosto complesso. Infine, il modello presentato dalla R4 non era adatto nemmeno per un'auto familiare, poiché l'installazione del motore dietro l'asse anteriore avrebbe occupato troppo spazio nell'abitacolo.
DALLA PRIMULA ALL'A111
Detto tutto ciò in relazione ad altri marchi pionieristici a trazione anteriore, bisogna sottolineare come anche in Italia Lancia Avevo già cominciato ad installare questo sistema sulla Flavia e sulla Fulvia.
Ora, poiché era caratterizzata dall'innovazione tecnica anche a scapito del suo profitto, in effetti doveva esserlo salvata dalla stessa Fiat nel 1969– Le soluzioni tecniche adottate – che mettevano in risalto il pregiato V4 ad angolo stretto della Fulvia, gioiello della tecnologia transalpina – risultavano poco credibili se applicate su una vettura per conto della Fiat.
A questo punto Dante Giacosa aveva molto da sperimentare e ovviamente non poco da perdere nel caso in cui la sua nuova trazione anteriore fosse andata storta. Per questo motivo la soluzione era ovvia: utilizzare Autobianchi per effettuare questo esperimento. Un esperimento risolto perfettamente grazie alla Primula, una delle auto più influenti del XX secolo sia per la sua trazione che per la sua carrozzeria capace di definire quella che sarebbe diventata un'autovettura del segmento C.
Successivamente – e più di 75.000 unità vendute – la Primula venne sostituita dalla A111 del 1969. Concepita come una sorta di optional”premium nel mondo”rispetto alla Fiat 125 del 1967 questa Aveva lo stesso monoblocco da 1438 cc che la prima 1430 avrebbe avuto in Spagna. dalla 124 Special italiana. Nonostante la grande somiglianza con la gamma Fiat - oltre alla scarsa ambizione nel rinnovare ciò che riguarda balestre e assali rigidi - posero fine alla sua vita commerciale.
ENTRA IN GIOCO LANCIA, INIZIA LA FINE
Considerato quanto visto relativamente alla A111 - di cui furono vendute solo poco più di 50.000 unità - viene da pensare che l'Autobianchi avesse già poco spazio - e anche poco significato - all'interno del grande conglomerato rappresentato dal Gruppo Fiat. E sì, alla fine è stato così L'assorbimento della Lancia lasciò il marchio senza posto.
Un fatto confermato dal non dare continuità alla A111, prendendo posto nell'offerta del Gruppo Fiat la prima Lancia realizzata sotto il suo marchio: la Trevi del 1972. Proprio quello che avrebbe potuto significare questa volta con il motore l'ipotetico sostituto dell'Autobianchi”bialbero” di Aurelio Lampredi al fine di ridurre i costi in quello che sarebbe stato il primo passo nel risanamento finanziario della storica casa italiana.
Detto questo - e per correttezza - la verità è che l'ingresso in scena della Lancia giustificò la fine dell'Autobianchi visto che, dopo tutto, la Lancia aveva firmato un carattere innovativo e con un certo lusso - esattamente le stesse coordinate sotto le quali è nato il nostro protagonista - per decenni. Insomma, sotto la direzione dell'Agnelli Lancia lasciò l'Autobianchi senza spazio.
Y10, L'ULTIMO CAPITOLO
Proseguendo con l'utilizzo dell'Autobianchi come banco di prova, nel 1969 la Fiat provò con la A112 quello che due anni dopo sarebbe 127; responsabile di condannare i motori posteriori tanto utilizzati dalla casa italiana nei suoi modelli più sintetici a partire dalla 500 e 600 degli anni cinquanta.
Allo stesso modo, quel piccolo veicolo utilitario venne venduto più di 250.000 unità fino alla metà degli anni Ottanta, divenendo addirittura la base per il primo intervento dell'Abarth dopo la sua integrazione in Fiat nell'estate del 1971: una splendida e furiosa vettura sportiva in formato urbano che può ben considerarsi uno dei precedenti più evidenti per le attualiportello caldo".
Tuttavia, il suo successo non assicurò la continuazione dell'Autobianchi perché quando la Y10 - già dotata del nuovo motore FIRE della Fiat - la sostituì nel 1985, questo nuovo modello Veniva venduta come Lancia o Autobianchi a seconda del mercato. Nel caso del negozio del marchio nato nel 1955, del resto, all'estero non aveva quasi fama.
A questo punto la Lancia finì definitivamente per assumere la gestione dei media dell'Autobianchi fino a scomparire completamente come riferimento commerciale nelle concessionarie. Una fine lenta e sofferta per la Casa nella quale la Fiat - e più nello specifico Dante Giacosa - mise alla prova alcuni dei suoi progetti fondamentali.
PS Guarda l'immagine di copertina, in particolare il pilota. Se sei un fan della F1, probabilmente riconoscerai chi indossa queste basette, giusto?